Il sottovuoto | Sara Lampis Nutrizionista
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Il sottovuoto

Il sottovuoto

Tecnica di conservazione e cottura innovativa.

All’inizio la tecnica veniva usata per la conservazione degli alimenti.

Tale metodo prevede che i prodotti crudi, dopo essere stati puliti, vengano introdotti all’interno di buste apposite e chiuse ermeticamente in condizione di privazione d’ aria.

Quali sono le conseguenze?

-aumenta la qualità del prodotto perché si evita che agenti, come l’ossigeno, principale fonte denaturante, alteri le caratteristiche nutrizionali;

-si allunga la shelf-life del prodotto (letteralmente vita sullo scaffale) , mantenendo colore, profumo e consistenza;

-viene salvaguardata la sicurezza microbiologica degli alimenti, proteggendoli dalle contaminazioni secondarie, in sostanza si previene la proliferazione dei batteri;

La tecnica sottovuoto nasce per la produzione alimentare industriale fino a quando la cucina incontra la scienza e a partire dagli anni ‘60, i più famosi chef iniziarono a utilizzare la cottura “sous vide” per cucinare e conservare alcune pietanze d’elite! Ad esempio il foie gras, che con questo metodo di cottura ha una consistenza migliore e cuoce nei suoi succhi senza variare il suo sapore.

L’innovazione ha portato ad unire il metodo di conservazione sottovuoto alla tecnica di cottura sottovuoto.

Si tratta di una tecnica di cottura a bassa temperatura (CBT).

La cottura a bassa temperatura è una tecnica considerata moderna, ma il metodo di cottura in sé è antichissimo. Sono moderne le metodologie e la tecnologia attraverso le quali la si realizza. Pensate alle lunghe cotture nelle pentole di terracotta che le nostre nonne facevano nel camino di casa, dove una zuppa di fagioli cuoceva otto, dieci ore a fuoco dolcissimo o le vecchie cucine “economiche” alimentate a legna dove non mancava mai il paiolo di rame con la polenta e il tegame con intingoli o sughi, il cui profumo si perdeva per tutta la casa. I principi della cottura lenta erano già tutti presenti.

Facendo un rapido salto indietro nel tempo, possiamo dire che il primo grande teorico della CBT fu l’americano Benjamin Thompson, conte Rumford, che nella seconda metà del XVIII secolo pubblicò un importante studio sulla cottura a bassa temperatura. Scienziato dalla vita avventurosa, dopo lo scoppio della Rivoluzione americana si trasferì in Europa dove iniziò a lavorare in una fabbrica di cannoni. Grande appassionato di termodinamica, si interessò alla cottura del cibo, tanto che inventò addirittura un camino e un forno “a bassa temperatura” per l’essiccazione delle patate. Il camino ebbe molto successo: in breve tempo tutti conobbero Thompson come “colui che tolse il fumo dai camini di Londra”. Il forno divenne il progenitore degli strumenti per la CBT. Che cosa scoprì Thompson grazie ai suoi esperimenti? Dalle sue carte, si legge che una volta egli mise nel suo forno una spalla di montone, per vedere se i 60-80 gradi che raggiungeva fossero sufficienti a cuocerla o se bisognava ricorrere al classico spiedo. Dopo qualche ora, con la carne ancora cruda Thompson andò a dormire, scordandosi però il forno acceso. La mattina dopo ecco cosa trovò: la spalla di montone era perfettamente cotta, morbida, squisita al gusto. Thompson aveva rivelato che cuocendo nel suo forno la carne perdeva meno succhi, e risultava per questo ottima, saporita e cotta in modo più omogeneo. Non solo: comprese quanto tutto ciò fosse importante dal punto di vista economico perché il pezzo di carne non si era rimpicciolito. Per dimostrare la portata della sua scoperta, fece anche un esperimento in cui cucinò un montone allo spiedo e uno con il suo forno. Invitò a cena alcuni suoi amici, senza dir loro nulla di ciò che avrebbero mangiato, e portò in tavola i montoni in due vassoi separati. Fu un grande successo! Tutti i commensali dichiararono di preferire il montone cotto nel forno a bassa temperatura perché la carne era più morbida e decisamente più gustosa. Inoltre nel vassoio con quel pezzo di montone rimasero solo ossa perfettamente spolpate, senza i residui di carne poco cotta o troppo dura che c’erano nell’altro vassoio. Insomma, la storia della CBT inizia con un esperimento di gran successo e di gran gusto!

 

La grande protagonista della cottura sottovuoto è la temperatura.

Si viaggia su temperature basse, che variano dai 46°C ai 95°C a seconda del tipo di prodotto e non sono casuali, a ciascun prodotto la sua temperatura.

Cuocere a bassa temperatura permette di avere meno perdita delle sostanze termolabili, fattore rilevante per l’aspetto nutrizionale del piatto.

Quali sono le caratteristiche dei prodotti cotti sottovuoto?

Il gusto viene decisamente amplificato, il livello di aromatizzazione è omogeneo dall’esterno al cuore, l’intensità dei colori è amplificata e le consistenze saranno mantenute e bilanciate.

Dunque le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto sono mantenute e talvolta valorizzate.

Tra le caratteristiche organolettiche abbiamo il colore, l’odore, il sapore, la consistenza, la dimensione e la forma. Ai nostri cinque sensi  olfatto, vista, tatto, gusto, udito non sfugge nessuna delle caratteristiche.  Mangiare è un’esperienza sensoriale.

Si finisce con la cottura sottovuoto? No, è possibile completarla con metodi di cottura diversi in base al prodotto. Griglia, forno, in umido sono alcuni esempi.

Altro aspetto da non sottovalutare per la nostra salute: l’utilizzo dei grassi. Essi in cottura risultano essere quasi nulli o utilizzati minimamente per profumare l’alimento, infatti si riduce il loro utilizzo del 60 %. Conseguenza pratica? Gli alimenti sono più digeribili.